Cosa significa un approccio funzionale allo yoga?

Quando si parla di yoga, spesso l’immagine che viene in mente è quella di posizioni eseguite secondo linee precise e angolazioni perfette. Negli ultimi anni, questa visione ha portato molti praticanti a focalizzarsi su un ideale estetico piuttosto che su una reale connessione con il proprio corpo. Ma lo yoga è molto più che raggiungere una forma esteriore: è un percorso di consapevolezza e scoperta. Ed è proprio qui che entra in gioco l’approccio funzionale allo yoga.

Anatomia variabile: siamo tutti e tutte unici

L’approccio funzionale parte da un principio fondamentale: ogni corpo è diverso. Questa diversità non si limita a dettagli visibili come l’altezza o la flessibilità, ma include le differenze profonde nella struttura scheletrica, nei tessuti connettivi, nella mobilità articolare e persino nelle risposte neurologiche. Due persone che eseguono la stessa posizione di yoga sperimenteranno sensazioni diverse e trarranno benefici differenti a seconda della loro anatomia e del loro stato mentale.

Adottare un approccio funzionale significa abbandonare la ricerca di un allineamento universale valido per tutti. Le posizioni (āsana) non sono fini a se stesse, ma strumenti per esplorare il movimento, migliorare la consapevolezza del corpo e raggiungere il benessere. Ogni posizione può essere adattata, modificata e personalizzata per servire meglio le necessità del singolo praticante.

Sperimentare per conoscere il proprio corpo

Un approccio funzionale invita a sperimentare invece di conformarsi a uno standard. Invece di chiedersi se le mani siano perfettamente allineate sotto le spalle, possiamo chiederci: “Cosa sento in questa posizione? Sto rispettando i miei limiti o sto forzando il movimento?” Questo tipo di esplorazione ci permette di sviluppare una conoscenza più profonda del nostro corpo e di lavorare con le nostre specifiche caratteristiche, piuttosto che contro di esse.

Ad esempio, il triangolo (Utthita Trikonasana) può essere eseguito in modi molto diversi ad esempio a seconda della conformazione dell’anca e della lunghezza dei muscoli posteriori della coscia. Non è più importante che la distanza degli arti sia di 5 piedi, che il piede davanti sia allineato con la metà del piede dietro, che la mano tocchi terra per forza. L’obiettivo non è avere una perfetta inclinazione laterale, ma trovare stabilità e apertura nel rispetto della propria anatomia. Quindi la richiesta quando guido la posizone sarà proprio la ricerca della sensazione, dell’obiettivo e non più lo schema rigido di allineamento.

Respiro, mente e approccio funzionale

L’approccio funzionale non riguarda solo il corpo, ma anche la mente e il respiro. Le tecniche di respirazione (pranayama) hanno un impatto variabile su ognuno di noi. Una pratica che per qualcuno è calmante può risultare stimolante o stressante per un’altra persona. L’importante è riconoscere queste differenze e adattare la pratica di conseguenza, imparando a sviluppare consapevolezza del proprio stato emotivo e mentale.

Lo yoga come viaggio personale

Togliersi dall’idea di allineamenti schematici e regole rigide ci permette di riscoprire lo yoga come un viaggio personale, uno spazio di libertà in cui accogliere la nostra unicità. Questo approccio non solo migliora la sicurezza nella pratica, riducendo il rischio di infortuni, ma rende lo yoga più accessibile, inclusivo e rispettoso delle differenze di ciascuno.

In conclusione, l’approccio funzionale ci invita a fare dello yoga un’esplorazione continua, dove ogni respiro e ogni movimento sono un’occasione per conoscerci meglio e rispettare la nostra individualità. La bellezza dello yoga risiede proprio nella sua capacità di adattarsi a noi, non nel tentativo di adattare noi stessi a una forma predefinita.

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