Anche Shavasana è diverso per tuttə
Nel nostro ultimo articolo abbiamo esplorato l’approccio funzionale allo yoga, evidenziando come il riconoscimento delle nostre differenze anatomiche e mentali possa trasformare la pratica in un’esperienza unica e personale. Tuttavia, spesso capita che, nonostante questa consapevolezza, sia difficile applicare il principio nella realtà. Un esempio perfetto è Shavasana, la posizione del rilassamento finale, conosciuta anche come la posizione del morto.
Shavasana: più di una semplice posizione
Nella filosofia yogica, Shavasana rappresenta la resa totale e il rilascio di ogni tensione, un momento di completa quiete che simboleggia la fine del ciclo di vita di una pratica per rinascere rinnovati. È uno spazio in cui il corpo è immobile, il respiro rallenta e la mente si lascia andare, promuovendo uno stato di profondo rilassamento e consapevolezza. Tuttavia, questo ideale spesso viene associato a una forma rigida: sdraiati supini, braccia lungo i fianchi e piedi che cadono naturalmente verso l’esterno.
Ma cosa succede se il nostro corpo non rispecchia questa immagine?
La rigidità nascosta in una posizione di rilassamento
Non tutti trovano comodità nello stare completamente distesi. Ho incontrato molti praticanti che, in Shavasana, sentono tensione nella parte bassa della schiena o disagio nelle anche. Invece di rilassarsi, finiscono per irrigidirsi nel tentativo di conformarsi all’idea tradizionale della posizione. Anche dettagli come l’orientamento dei piedi vengono spesso indicati come standard: e se, a causa di una naturale rotazione interna delle anche o delle tibie, i tuoi piedi rilassati guardano verso l’interno? Devi forzarli attivamente verso l’esterno? La risposta è no.
L’approccio funzionale ci insegna che Shavasana, come qualsiasi altra posizione, deve essere adattata al corpo reale di chi la pratica. Se stare supini con le gambe distese ti provoca tensione, puoi piegare le ginocchia e appoggiare i piedi a terra, oppure utilizzare supporti come cuscini sotto le gambe. Se preferisci una posizione laterale, su un fianco, è altrettanto valido. Ancora più di altre āsana, Shavasana è un momento di riposo, non di performance.
Shavasana e approccio trauma-informed
Un altro aspetto importante spesso trascurato è l’impatto del contesto emotivo e psicologico. L’approccio trauma-informed riconosce che alcune persone potrebbero non sentirsi a proprio agio nel chiudere gli occhi o nel rilassarsi completamente distese, poiché ciò può innescare sensazioni di vulnerabilità. In questi casi, la pratica dovrebbe offrire alternative: scegliere dove posizionarsi nella stanza, mantenere gli occhi aperti o saltare del tutto la posizione se non si sente il desiderio di farla.
La vera essenza di Shavasana
Shavasana non è definita dalla forma che assume il corpo, ma dallo stato interiore che facilita. È il momento in cui lasciamo andare ciò che è stato, un invito al riposo e alla presenza senza giudizio. Riconoscere la varietà delle nostre esperienze e rispettare ciò che il nostro corpo e la nostra mente richiedono è il cuore di una pratica yogica autentica e compassionevole.
La prossima volta che ti trovi in Shavasana, chiediti: “Come posso sentirmi veramente a mio agio?” Lasciati guidare dalle tue sensazioni, non da uno schema predefinito. Solo allora potrai davvero scoprire la bellezza e il potere di questa posizione finale.